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Per evitare che Cyrix, IIT, Weitek e le altre case potessero infastidirla più a lungo, Intel decise di toglierle di mezzo attraverso un'idea tanto semplice quanto difficile da mettere in pratica: integrare il Coprocessore matematico nella CPU. Questa idea fu alla base dell'80486, più tardi ribatezzato i486, in quanto un nome composto da soli numeri non può essere registrato come marchio commerciale (Intel cominciò, evidentemente, a comprendere quanto il marketing fosse importante).

Il 486, almeno ufficialmente, è stato commercializzato a partire dalla fine del 1989, ma solo alla fine del 1990 fu possibile vederlo in discrete quantità sul mercato. La causa di questa lenta commercializzazione era dovuta principalmente alla complessità del progetto stesso, che portò a bug più o meno gravi e ad un gran numero di chip difettosi.

Il vantaggio di avere un Coprocessore esterno al Processore era la semplicità dell'implementazione della soluzione: solitamente quando la CPU eseguiva dei calcoli e si trovava di fronte ad un calcolo in virgola mobile, questa si fermava ed entrava in funzione il coprocessore. Una volta eseguito il calcolo, trasmetteva il risultato alla CPU, la quale riprendeva il lavoro fino a che non fosse sopraggiunto un nuovo calcolo in virgola mobile. Il Coprocessore matematico esterno, inoltre, poteva avere una frequenza diversa rispetto al Microprocessore. Con l'integrazione il Coprocessore avrebbe dovuto avere la stessa frequenza del Microprocessore portando ad una conseguenza molto semplice: un numero maggiore di chip difettosi o impossibilitati a lavorare a certe frequenze.

Per limitare le possibilità di errori nell'implementazione i tecnici Intel decisero di utilizzare il Coprocessore matematico 80387, per due motivi: era rodato ed affidabile e, soprattutto, avrebbe permesso al futuro 486 di essere pienamente compatibile con i software fino ad allora utilizzati.

Un'altra importante innovazione del 486 fu l'introduzione di una Cache interna, di sola lettura, in grado di immagazzinare i dati usati più frequentemente. Essa permetteva un più veloce accesso ai dati, rispetto all'utilizzo della RAM, aumentando conseguentemente la velocità di elaborazione della CPU, come è possibile osservare dai molti benchmark pubblicati sulle riviste specializzate dell'epoca.

 

PC Magazine, novembre 1990

 

Per migliorare ulteriormente le performance, la casa di Santa Clara introdusse anche una primitiva unità di prefetching, così da velocizzare l'esecuzione dei programmi.

Il lavoro di Intel, comunque, si fermò ad un affinamento dell'architettura x86. Nessuna nuova istruzione particolare fu introdotta, così che i software fino ad allora utilizzati non necessitassero di modifiche per risultare pienamente compatibili.

In uno speciale su PC Magazine del Novembre del 1990, l'autore Douglas Boling scrisse: “In simple terms, a 486 is a combination microprocessor, floating-point math coprocessor, memory cache controller, and 8K of RAM cache, all in one chip”.