Pagine

L'introduzione del 486 da parte di Intel fu "un fulmine a ciel sereno", sia per l'utenza sia per i suoi concorrenti. Se i primi si trovarono un Processore in grado quasi di doppiare prestazionalmente il precedente 80386, i secondi si accorsero che l'integrazione del Coprocessore matematico nella CPU avrebbe significato la propria scomparsa.

AMD, l'unica in grado di poter competere nel campo dei Microprocessori, si adattò più che discretamente, come abbiamo visto nello speciale di qualche mese fa, mentre Cyrix, specializzata nei Coprocessori, dovette cambiare completamente la tipologia di prodotto cui dedicarsi.

Altre case molto concorrenziali, come la IIT e la Weitek, si sono chiamate completamente fuori a causa delle eccessive spese per potersi riconvertire. La prima è sparita dalla scena internazionale, la seconda ha chiuso i battenti nel 1996, acquisita da Conexant System.

 

PC Magazine, gennaio 1992

 

La strada per il successo del 486 fu comunque lastricata di difficoltà. I primi esemplari si rivelarono buggati e di difficile produzione, tanto che furono commercializzati, nella versione DX (dotata di Coprocessore matematico funzionante), a prezzi attorno ai 1000 dollari. L'accoppiata 80386 più Coprocessore, se non si voleva spendere troppo, era ancora preferibile. Solo tra la fine del 1991 e l'inizio del 1992 si osservò finalmente l'invasione dei 486, grazie alla più affinata revisione DX2.

In quell'arco temporale Intel giocò comunque d'astuzia dal punto di vista del marketing, vendendo i 486 con il Coprocessore matematico non funzionante, e quindi disabilitato, come SX. Processori scandalosamente lenti, e comunque costosi, che vendettero bene perché fecero credere all'utenza meno smaliziata di avere un processore all'ultimo grido. Eppure, un contemporaneo AMD Am386 a 40 MHz, oltre a costare meno e a poter essere installato sulle vecchie schede madri, era anche più veloce. Per confronto, un Am386 a 40 MHz nel gennaio del 1992 costava 190 dollari, un 486SX a 20 MHz ben 242 dollari.

Bisogna comunque riconoscere ad Intel il merito di aver fatto evolvere i Microprocessori rendendoli decisamente più veloci e versatili, aprendo così l'era delle moderne CPU, nonostante il tutto sia partito principalmente da un fattore commerciale: eliminare almeno una parte della concorrenza. Oggi, quello che è riuscito con successo ad Intel, sta tentando di farlo AMD con le APU, ma in modo diverso. Non potendo contare su una buona base installata, la casa di Sunnyvale deve spingere su uno standard aperto, come OpenCL, a tutto vantaggio della concorrenza. Nel 1991 AMD, Cyrix e le altre case dovettero issare bandiera bianca nei confronti delle CPU Intel riguardo le unità di Floating Point, uniformandosi alla visione della casa di Santa Clara. Oggi, al contrario, possiamo sperare in un'evoluzione tecnologica a più vie, aperta a nuove soluzioni e capace di regalarci una sana battaglia sui prezzi.